Stupor Mundi

 Ideazione e Regia di R.Inchingolo e S.Villani - leggi

Concerto Spettacolo

per voce narrante, voci della tradizione popolare pugliese, banda balcanica, tamburi africani, strumenti arabi, strumentario Orff e chitarre elettriche.

Personaggi e Musici

S.Villani, R. Inchingolo, Cantatrici di Ischitella, Cantori di Conversano, Cantori del Salento, Banda Municipale Balcanica, Tam Tam Morola, A. Buongiorno, E. Paradiso, G. Alicino, Musici in erba del Giardino dei Suoni.

Si tratta di un Concerto Spettacolo scritto e diretto dai due etnomusicologi, Ruggiero Inchingolo e Salvatore Villani, ideato e realizzato in prima assoluta, il 27 luglio 2007 a Castel del Monte, l’antico maniero di Federico II di Svevia.

Il testo dello spettacolo scritto da Salvatore Villani prende spunto dalle pubblicazioni che riguardano la vita di Federico II, nonché dal suo De arte venandi cum avibus (trattato sulla falconeria) che parla della inestinguibile ricerca intellettuale dello Stupor Mundi.

Lo spettacolo nasce da un'idea di Ruggiero Inchingolo che ancora una volta, dopo l'arpa eolia a forma ottagonale dell’opera precedente “Venti di Pace”, continua a scrutare e a riflettere sul misterioso numero 8 che nella tradizione medievale è il simbolo che lega l'uomo al mondo della conoscenza: l'infinito. Questo numero ricorre ossessivamente nelle forme geometriche dell'antico maniero: 8 sono le torri, 8 le stanze, 8 le pareti esterne. .

Non a caso, Ruggiero ha scelto di utilizzare le pareti esterne che congiungono le 8 torri del Castel del Monte, come meravigliosi palcoscenici naturali in cui si sono esibiti circa 50 artisti di tutte le età, dai bambini, ai giovani, agli anziani.

La presente proposta si candida per essere nuovamente rappresentata in un’altro sito o complesso architettonico, meglio se legato allo stesso periodo storico o alla figura di Federico II di Svevia.

SVOLGIMENTO

Il pubblico, catturato dalla voce narrante di Villani, procede in processione guidato da una dirompente fanfara tutta pugliese che seguirà il percorso perimetrale del castello, sostando presso ogni "stazione" come fedeli partecipanti ad una ideale paraliturgia laica. Qui si ascolteranno i più antichi canti polivocali delle confraternite pugliesi: Lu Giuvedija Sante cantato dalle cantatrici di Ischitella (Gargano), il Miserere intonato dai cantori del venerdì santo di Conversano (Terra di Bari), i canti della grecìa salentina della famiglia Avantaggiato (Salento), intonati dagli ultimi anziani portatori della tradizione e dai loro figli, la cui esibizione in forma di spettacolo si avvera solo in rarissime occasioni.

Oltre ai suggestivi canti di invocazione, si potranno ascoltare il suono dell'oud arabo, i ritmi dei tamburi africani del mondo musulmano, le sonorità celtiche, gli strumenti a barre dello Strumentario Orff provenienti dal Nord Europa e le chitarre della nostra terra.

In questo contesto teatrale le voci e gli strumenti assumono un significato non solo musicale, ma diventano simboli di identità culturale e geografica. Allo stesso modo, i simboli riassunti nell'armonia delle forme del castello, appaiono essere la fusione di elementi culturali venuti dal Nord Europa, dal mondo musulmano e dall'antichità classica, a difesa di quei valori universali di cui Federico II si riteneva un grande interprete e difensore.

IL TESTO E LE MUSICHE

La rappresentazione scenica è incentrata sulla figura dell’illuminato imperatore svevo Federico II, nipote di Federico Barbarossa. Fridericus, nato nel 1194 a Jesi, piccola cittadina della Marca Anconitana, da Costanza D’Altavilla e da Enrico VI, sin da piccolo, manifesta una insolita sete di conoscenza nei confronti dello scibile umano, che spazia dalla scienza, alla letteratura, alla musica, alla caccia, etc.

Lo spettacolo si apre con l’esecuzione di Dolce lo mio Drudo, una Siciliana attribuita, musica e testo, allo stesso imperatore, per proseguire in un viaggio, narrato in prima persona dallo stesso Fridericus (Salvatore Villani), accompagnato dal suo fedele servitore Isidoro (Isidoro Ambu), e dal trovatore Ruggero (Ruggiero Inchingolo).

In questo viaggio Fridericus racconta la sua vita, la lotta contro il papato e il felice incontro con la cultura arabo-islamica. Fa da sfondo scenografico a questa vicenda il tempio-maniero “Castel del Monte” voluto dall’Imperatore nel 1240, non come fortezza, ma come palazzo atto a ricevere, secondo una leggenda molto accreditata, il “Santo Graal” , calice a forma ottagonale di smeraldo, contenente il sangue di Gesù.

Castel del Monte, ricalcante, con la sua forma ottagonale, il calice del “Santo Graal”, non è altro che la mediazione tra il cerchio e il quadrato, figure geometriche che, nella simbologia medioevale, rappresentano Dio (il cerchio, il cielo, la perfezione) e la terra (il quadrato, la materia, l’imperfezione).

Il viaggio dell’Imperatore si apre con una battuta di caccia tra i boschi del Gargano, accompagnato dalla musica di un Reel,un genere di provenienza nord europea, dove Fridericus ascolta le voci delle Cantatrici di Ischitella, impegnate nel lavoro dei campi. Prosegue con il rientro a Castel Fiorentino, e l’accoglienza del Trovatore Ruggero, che lo rallegra durante il banchetto, con Mediterranea, un brano di ispirazione medioevale.

Fridericus, pur essendo stato scomunicato dal papa Gregorio IX, parte da Castel Fiorentino per la sua crociata, e prima di imbarcarsi per la Terra Santa, si ferma nella cattedrale di Conversano, dove viene celebrata una Messa propiziatoria, accompagnata dalle voci dei Cantori del Venerdì Santo.

Una Banda Municipale Balcanica scorta l’Imperatore fino a Brindisi, dove lo aspetta l’esercito e la nave su cui dovrà imbarcarsi.

Giunge in Palestina e, invece di far guerra agli “infedeli”, come vorrebbe il Papa, stipula, nel 1229, un accordo di pace con il sultano Al-Malik, accompagnato da un gruppo di tamburi africani senegalesi. Assume quindi la corona del Regno di Gerusalemme nella chiesa del Santo Sepolcro e lascia la Terra Santa. Fa rientro in Italia e, sbarcando a Brindisi, si imbatte nelle campagne salentine con un gruppo di pellegrini che cantano in una lingua insolita, il “griko”, della famiglia Avantaggiato.

Ritorna a Castel del Monte, per depositare la sacra reliquia del “Santo Graal”, al suono festante dei Musici in erba del Giardino dei Suoni. Un’ultima battuta di caccia, nella Capitanata, lo porta alla morte a Castel Fiorentino nel 1250. Lo spettacolo si chiude con un lamento funebre generale che coinvolge tutti i cantori e i musicisti, in una kermesse sonora di alto impatto emotivo.